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“Ma questo poteva farlo miə nipote!" e altri grandi classici

L’arte contemporanea è da sempre uno degli argomenti più chiacchierati e controversi. Non importa che tu la stia ammirando in un museo, su un social, appesa nel salotto minimal-chic di unə amicə… ci sarà sempre qualcunə prontə a esclamare “Ma questo poteva farlo miə nipote!” per poi guardarsi intorno con aria soddisfatta aspettando un applauso per l’originalità della battuta. Peccato, però, che la povera creatura in questione abbia 3 anni e che preferisca impiegare il suo tempo con le dita nel naso piuttosto che sottostare ad ambiziose pretese di terzi.

Sentire pronunciare frasi come “Vabbè, ma cosa ci vuole” oppure “Adesso divento pure io artista” è un grande classico davanti a opere come le tele monocromatiche di Yyes Kleins o a un “Taglio” di Lucio Fontana. Ma ora vi svelo un segreto: all’artista non sempre viene richiesta un’abilità tecnica palesemente complessa (nel senso tradizionale del termine) ed è per questo che non troverete facilmente il virtuosismo dei dettagli di un Caravaggio o l’iperrealismo di un Canova. Ed è giusto così. Lucio Fontana non ha solo tagliato una tela: ha rivoluzionato il concetto di pittura. Il semplice e quotidiano atto di fendere si trasforma in un gesto artistico che mette in discussione secoli di tradizione. Non è un taglio qualsiasi, ma un’apertura verso una nuova dimensione, un invito a passare oltre la superficie. Gesto semplice? Sì. Banalmente semplice? No. Concettualmente semplice? Assolutamente no.

Ma quindi, perché non l’ha fatto tuə nipote?

La risposta è tanto semplice quanto banale: la differenza tra il gesto dell’artista e quello di una creatura di 3 anni, sta nella consapevolezza. L’arte contemporanea nasce tramite opere che si inseriscono in un contesto storico, filosofico e socio-culturale. Un dipinto astratto non è una tela con schizzi di colore, ma il frutto di anni di riflessioni, dialoghi, esperienze, studio, connessioni e di una precisa intenzione comunicativa. Tuə nipote può effettivamente fare un disegno simile a un Pollock o un Miró, ma non riuscirà a realizzarlo con quella rete di significati. La differenza sta proprio lì: nel perché e nel come. L’arte non è solo “fare”, ma pensare, provocare, dialogare e, soprattutto, non è un compito da svolgere con una sola risposta corretta. C’è un motivo se molte opere contemporanee sembrano istigare il pubblico: sono fatte per rompere gli schemi, per sfidare il nostro modo di pensare e il nostro rapporto con l’arte.

Prendete ad esempio la celebre banana di Maurizio Cattelan, appiccicata al muro con il nastro adesivo. Vi ricordate qual è stato il vostro primo pensiero non appena avete scoperto della sua esistenza? E perché proprio: “Ma questa non è arte!”? Beh, forse perché fate semplicemente parte di una società globale che ha pensato esattamente la stessa cosa. Questa reazione era attesa? Sì. Era ciò che Maurizio Cattelan stava ricercando? Sì. Quest’opera, ha dunque raggiunto il suo scopo? Assolutamente sì.


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Uno degli aspetti che più confonde le persone riguardo all’arte contemporanea è che spesso il valore risiede più nell’idea che nell’esecuzione tecnica. Per questa ragione, risulta molto facile cadere in dicerie banali e nostalgiche del tipo “Una volta l’artista era sinonimo di abilità e maestria, dove andremo a finire..?”. Ma è proprio questo il punto. Dove andremo a finire? L’artista se lo chiede spesso e poi cerca di darsi e darci una risposta. Come detto prima, creare arte non equivale a fare un compito a crocette V/F, al contrario, è un continuo ricordare che è necessario rompere qualche dogma e avere il coraggio di uscire dagli schemi per far sentire la propria voce. L’arte contemporanea non è perfetta e non pretende di esserlo, ma è proprio nell’ambiguità e nella capacità di creare frustrazione che trova la sua forza.

Prendiamo in esempio la celebre “Merda d’artista” di Piero Manzoni (e non me lo confondete con Alessandro, per favore): 90 scatolette di latta, ermeticamente chiuse, che dichiarano di contenere “Merda d’artista”. Quest’opera ha scatenato diverse reazioni che vanno dall’indignazione alla risata isterica. Certamente qui bisogna ammettere che chiunque può riempire una scatola di latta e scriverci sopra qualcosa di provocatorio, ma cos’è che distingue “Merda d’artista” da quello che potrebbe creare chiunque altrə? Il concetto. Manzoni non si è svegliato annoiato una mattina, ma ha realizzato quest’opera con un’intenzione: sovvertire il concetto di valore nell’arte, prendendone in giro il mercato e allo stesso tempo facendone parte. Ogni singola scatoletta è un manifesto di ironia e critica sociale.

Quindi, ricapitolando, la prossima volta che davanti a un’opera contemporanea vi capiterà di vedere una persona pronta a gonfiare fieramente il petto, ricordatevi di agire con prontezza e maestria. Offrite un bicchiere di vino e qualche stuzzichino, in questo modo la persona in questione avrà la bocca impegnata e non potrà dare libero sfogo a dicerie infondate.

E poi ci chiediamo come mai cresciamo con l’ansia di non essere all’altezza.

Salva anche tu una povera creatura di 3 anni da pretese irrazionali.

Aiutaci ad aiutare.

 
 
 

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